Non è mai “troppo” tardi ma neanche “troppo” presto
Lo sviluppo tipico del linguaggio del bambino prevede una serie di tappe, variabili in esordio e durata, che forniscono una guida abbastanza semplice da ricordare e seguire:
6 mesi = lallazione (ma-ma-ma)
12 mesi = prime parole (mamma)
24 mesi = produzione di 50 parole e prime combinazioni tra le stesse
Nell’ambito clinico i bambini che a 24 mesi producono meno di 50 parole o le producono ma senza alcuna combinazione, vengono definiti “parlatori tardivi” o “late talkers”. In verità, proprio per l’estrema variabilità che caratterizza lo sviluppo, questi bambini spesso recuperano il gap linguistico nei mesi successivi, ragione per cui molti pediatri consigliano di attendere i 36 mesi prima di rivolgersi ad una figura specialistica. Tuttavia, parte di loro, può permanere nella difficoltà linguistica e sviluppare un Disturbo Specifico di Linguaggio. Come distinguere i due percorsi?
Già a questa età il logopedista è in grado di svolgere una valutazione specifica del linguaggio, stabilendo se sono presenti altri fattori che lo influenzano, ad esempio otiti ricorrenti, abitudini viziate (ciucci e biberon), respirazione orale, condizioni della bocca; e valutando l’integrità di tutte le altre competenze. In seguito alla valutazione sarà possibile stabilire come gestire le difficoltà del bambino, e a volte anche quelle dei genitori. Portare il proprio bambino dal logopedista non vuol dire quindi, necessariamente iniziare un trattamento, ma anzi, analizzare la situazione e decidere insieme come lavorare al meglio per il proprio bambino. Inizialmente potranno essere forniti dei consigli utili sugli atteggiamenti comunicativi corretti e sui comportamenti da evitare, affiancati da periodici controlli (ogni 3 mesi). Solo in una fase successiva, e solo se necessario, sarà programmato un trattamento diretto al bambino (in genere, e questa volta davvero, intorno ai 36 mesi perché si necessita di un buon grado di partecipazione del bambino).
Agire precocemente non vuol dire preoccuparsi troppo o inutilmente, bensì prevenire eventuali complicazioni o prepararsi correttamente ad affrontarle.
Marta