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La conoscenza implicita maschile
Implicito Maschile

Daniel N. Stern, nel suo ultimo (capo) lavoro: Il momento presente edito da Raffaello Cortina Editore, del 2005, in sole sette pagine, teorizza il concetto di “conoscenza implicita” che ho trovato particolarmente interessante anche per il percorso intrapreso con l’Associazione LUI.

La conoscenza implicita è non simbolica, non verbale, procedurale e non-conscia, a differenza della conoscenza esplicita che quindi è simbolica, dichiarativa, cosciente, verbalizzabile e narrabile.

Interessante, ma cosa vuol dire? Un esempio?

I bambini non utilizzano il registro verbale esplicito finché non imparano a parlare (intorno ai 18 mesi); prima di questo periodo, le articolate interazioni sociali e affettive avvengono, nella sfera implicita, analogica, e non verbale. Alcune conferme di queste ipotesi vengono da una ricerca (Ainsworth, Blehar, Waters, Wall, 1978) in cui furono osservati i pattern di attaccamento alla madre di un bambino di dodici mesi, al momento del ritorno di questa dopo una breve separazione. Il bambino, anche se non sapeva ancora parlare, mostrava di conoscere implicitamente come comportarsi (riguardo ai movimenti del corpo, alle espressioni del volto, ai sentimenti, alle aspettative, al livello di eccitazione-inibizione ecc.).

Il conoscere implicito non si limita al mondo della comunicazione non verbale, dei movimenti o delle sensazioni corporee, ma si applica anche agli affetti e al linguaggio verbale.

E’ probabile che la maggior parte di quanto sappiamo sul modo di comportarci con gli altri, le altre, risieda nel conoscere implicito e che qui rimanga.

Nella maggior parte dei casi, non è avvertita la necessità di esprimere a parole l’implicito, che resta silenzioso finché gli eventi impongono una traduzione verbale (e, anche in quel caso, solo una piccola parte del conoscere implicito viene verbalizzato). Bollas (1987) ha coniato il termine “conosciuto non pensato”, per definire tale concetto.

Il conoscere implicito nonostante sia non-conscio, spesso è anche potenzialmente conscio e quindi verbalizzabile, nonostante ciò è diverso dal conscio, l’incoscio e il pre-conscio così come erano stati formualti da Freud.

Per far comprendere quanto detto voglio utilizzare un esempio.

A scuola, quando spiegano qualcosa in classe, abbiamo percezione di cosa ci stanno spiegando (conscio). Quando ci viene fatta una domanda dai nostri genitori, quando siamo a casa, su cosa abbiamo fatto a scuola, siamo in grado di richiamare alla memoria le nozioni che ci sono state spiegate (pre-conscio). Quando invece ci viene fatta una domanda su qualcosa che non ricordiamo e/o che non vogliamo ricordare, in quel caso, potremmo per così dire di parlare semplicisticamente di inconscio. Il termine inconscio andrebbe riservato al materiale rimosso il cui accesso alla coscienza è ostacolato da una barriera difensiva. Il conoscere implicito è “non-conscio”, ma non “rimosso”. Banalmente proseguendo nel nostro esempio della scuola, la conoscenza implicita è ciò che viene appreso nei corridoi di scuola!

Tutto è molto interessante, ma a cosa ci interessa la conoscenza implicita con il percorso sul maschile intrapreso con l’Associazione LUI?

Alla luce di quanto detto, mi sono domandato se esista una conoscenza implicita di genere?

La mia risposta è si! Ho iniziato a pensarlo qualche settimana fa durante il convegno del 6 giungo 2015 tenutosi a Livorno, sull’infanzia: “L’educazione dei bambini da 0 a 6 anni: luoghi, relazioni, cura, gioco e apprendimento”. Splendido convegno, interessantissimo ma nonostante questo sono rimasto visivamente colpito dal fatto che su 320 persone circa, c’erano due uomini, il Prof. Aldo Fortunati e io, come coordinatore psicopedagogico del Il Nido delle Meraviglie. Sicuramente il Prof. Aldo Fortunati è un professionista che ha raggiunto la sua alta posizione lavorativa per meriti e competenze (Direttore dell’Area Educativa dell’Istituto degli Innocenti di Firenze) ma questa occasione visiva mi ha fatto pensare al famoso “soffitto di cristallo”, oltre il quale alle donne non è concesso andare e di cui i movimenti delle donne ci hanno tanto descritto e parlato, conosciuto ma non pensato!

Il soffitto di cristallo è quella barriera invisibile che impedisce alle donne e alle minoranze di accedere alle posizioni di responsabilità nelle organizzazioni nelle quali lavorano. Secondo l’immagine del “soffitto di cristallo” le donne guardano in alto e non vedono ostacoli, perché l’atmosfera paritaria che sembra regnare nell’ambiente di lavoro appare ispirato a una competizione aperta, anche se nei fatti non è così.

Questo, per me, è un esempio di conoscenza implicita di genere, in particolare femminile.

Bene! A questo punto esiste quindi una conoscenza implicita maschile?

Penso proprio di si!

Un esempio?

“Il muro di cristallo maschile” che viviamo nelle nostre relazioni affettive!

Durante un incontro del Gruppo di Criticità, (gruppo per autori di comportamenti violenti), è emerso come un utente invidiasse il rapporto che la compagna aveva con il figlio e che lui non era riuscito a instaurare.

Credo che la conoscenza implicita maschile con cui siamo cresciuti noi uomini, che conosciamo ma non pensiamo, ci stia limitando nelle nostre potenzialità.

A cosa penso, a cosa mi riferisco?

  • Penso ai corridoi delle scuole, in cui noi maschietti siamo chiamati a mostrarci più duri degli altri, più valorosi, più ribelli, a primeggiare sugli altri, a costo di ricorrere alla violenza tra pari, pur di dimostrare agli altri, alle altre, quanto si valga.
  • Penso a noi uomini quando ci troviamo negli spogliatoi e sentiamo l’implicito obbligo di raccontare agli altri quanto siamo stati “sciupafemmine” (anche lo stesso termine, lascia pensare…), raccontando imprese da guinnes dei primati.
  • Penso a quei padri che si limitano a baciare i figli di notte, perché altrimenti se lo fanno di giorno, non crescono bene.
  • Penso a quanto sia importante per noi uomini difendere il nostro ”onore”.
  • Penso a noi uomini che non balliamo per paura di essere giudicati effemminati.
  • Penso a noi uomini che non ci abbracciamo per paura di provare chissà quale emozione.
  • Penso a quante volte mio padre mi abbia detto che mi “mancasse un po’ di strada”, per dire forse che non ero abbastanza “scafato” tra gli uomini.
  • Penso a come noi uomini dobbiamo, per stare insieme, trovare un “elemento terzo” che ci unisca, come nella pubblicità dell’Amaro Averna: recuperare un’antica anfora, il poker, il calcetto, la Play Station, non siamo in grado di stare insieme per il piacere di stare insieme, dobbiamo stare insieme per fare qualcosa.
  • Tutti questi non sono muri di cristallo maschili che ci limitano nell’entrare in relazione, in quella dimensione conosciuta mai pensata?
  • Penso…

Esiste la conoscenza implicita maschile!

JP

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