Il termine “conflitto” deriva dal latino conflictum , da confligere, che letteralmente significa “scontrarsi”. Attenzione però ad attribuire il giusto significato al termine “scontrarsi” che significa “incontrare qualcuno”. Siamo infatti sempre stati abituati a considerare il conflitto come un combattimento, uno scontro, sottolineandone più l’aspetto del “contrasto” piuttosto che quello dell’ ”incontro” e quindi del “cambiamento” che inevitabilmente un conflitto comporta. L’incontro con l’altro è alla base della “relazione”.
Uno dei primi litigi che si esperiscono, se non si è figli unici, è quello all’interno del sottosistema fratelli.
La rivalità tra fratelli, i litigi e le discussioni che ne conseguono, servono a costruire la “relazione” del NOI integrando due punti di vista diversi: quello dell’Io e quello del Tu.
I litigi sono “costruttivi” se servono a confrontarsi e a trovare una mediazione tra punti di vista diversi. Diventano “distruttivi” quando ciascuno rimane della propria idea e non c’è spazio per ascoltare il punto di vista dell’altro. Lasciando agire i due litiganti, purché non arrivino a farsi male, i genitori intervengono quando la conflittualità non trova una soluzione. Il problema, quindi, non è il litigio in se stesso ma il litigio “mal gestito” che quindi necessita della figura del genitore che aiuti entrambi a mediare, ossia insegni loro a capire l’uno le ragioni dell’altro.
Il genitore non deve decidere chi ha ragione e chi torto, ma cercare di far emergere le ragioni dell’uno e dell’altro e trovare insieme una soluzione, svolgendo il ruolo di mediatore più che di giudice.
Il litigio assume significati diversi a seconda delle età: fino ai 3 anni, il litigio rappresenta un momento di riconoscimento della presenza dell’altro, e quindi la graduale consapevolezza dei limiti al proprio mondo egocentrico e autoreferenziale. A partire dai 3 anni, si evidenzia una certa capacità empatica, ossia il bambino tenta di mettersi nei panni dell’altro cercando di capire la sua sofferenza, di cogliere nei propri vissuti gli stessi vissuti del coetaneo. Dai 3 ai 6 anni c’è una maggiore attenzione verso le regole sociali che non vengono più vissute come limite ma come tutela dei momenti di compresenza con gli altri. A partire dai 6 anni la costruzione del senso sociale dell’identità personale acquisisce un primato assoluto rispetto ad altre componenti più autoreferenziali, e quindi il bambino incomincia ad uscire dal proprio narcisismo e a costruire effettivamente la capacità di stare nel gruppo e di vivere le regole come momenti essenziali del suo sviluppo e della sua crescita. Nella preadolescenza e poi nell’adolescenza, il gruppo è l’elemento centrale nella vita del ragazzo e della ragazza che trovano nello stare assieme agli altri sia un rispecchiamento narcisistico sia una capacità di andare oltre una visione centrata unicamente sui propri bisogni, trovando negli altri una sponda verso l’autonomia e l’età adulta.
Si è spesso contrapposta la dimensione dell’incontro, dell’ascolto e della comprensione reciproca alla dimensione del litigio e del conflitto, dimenticando che questi sono due momenti facenti parte dello stare con gli altri: non ci può essere l’incontro se non c’è anche il momento in cui attraverso il litigio il ragazzo o la ragazza riconosce se stesso e riconosce gli altri nel contrasto e nel confronto.
Ci sono due aspetti centrali da tenere presenti nella gestione del litigio tra bambini:
– i bambini, così come gli adulti, cercano di utilizzare gli adulti come alleati contro i loro “avversari” per avere giustizia e per ottenere dall’adulto un risarcimento emotivo. Il porsi al di sopra delle parti, il non cercare il colpevole, è un passo assolutamente essenziale per evitare di creare nei ragazzi non solo un atteggiamento giustizialista nei confronti dei compagni, ma anche una forte dipendenza nei confronti dell’adulto, che a quel punto diventa una sorta di giudice assoluto a cui bisogna continuamente rivolgersi per ottenere giustizia.
– ogni contendente dovrebbe cercare di spiegare come sono andati i fatti senza insultare la controparte o avere atteggiamenti minacciosi. E’ necessario “ascoltare” l’altro e cercare di “comprendere le sue ragioni”, provando a trovare una soluzione che vada bene per entrambi.
Il litigio dunque può essere occasione di crescita ed evoluzione e fa parte dell’essere fratelli (è impossibile non litigare!).
Esistono numerosi libri adatti ai bambini sul tema del conflitto e dei litigi, fiabe che con un linguaggio “tagliato su misura dei bambini” permettono di affrontare il tema, tra questi: “Le fiabe per… affrontare litigi e conflitti. Un aiuto per grandi e piccini”, Maria Calabretta, Ed. Franco Angeli.
Dott.ssa Moira Picchi