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Essere fratello e sorella di… Il sottosistema fratelli di fronte alla disabilità
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Numerose ricerche sono state condotte in merito all’essere fratello o sorella di una persona disabile: la complessità dei dati ha indotto i ricercatori a ritenere che la presenza di un figlio disabile rappresenti, per gli altri figli, un fattore di rischio evolutivo, ma non necessariamente una determinante psicopatologica (Fara et al., 2003). Sono molti infatti i fattori che possono determinare le caratteristiche della relazione fraterna, tra i fattori più considerati compaiono le variabili demografiche statiche come il genere, l’ordine di genitura, l’età, la grandezza della famiglia, lo status socio-economico e il livello di gravità della patologia (Vertè, Roeyers & Busse, 2003).

Alcune ricerche (Dyson, 1999) hanno evidenziato la complessità e la multifattorialità nell’esito psicologico dei fratelli (Samory, 1996), iniziando a studiare variabili di tipo relazionale oltre a quelle demografiche come le aspettative genitoriali (Brody, Stoneman, McCoy & Forehand, 1992; McGuire, Dunn & Plomin, 1995; Stoneman, 2001; Wolf, Fisman, Ellison & freeman, 1998), la soddisfazione coniugale (Fisman & Wolf, 1991; Fisman et al., 1996), le strategie di coping (Dyson, 1996; Gable & Woulbroun, 1993; McHale & Harris, 1992), il sostegno e il supporto sociale. Tali ricerche considerano queste variabili delle importanti risorse psicologiche che hanno maggiore influenza sullo sviluppo dei fratelli in presenza di un fratello disabile (Dyson, Edgar & Crnic, 1989), in quanto potenzialmente in grado di incidere sul funzionamento familiare.

Nel rapporto tra fratelli e sorelle nella dimensione della diversabilità, i genitori hanno un ruolo insostituibile nel facilitare e sostenere la relazione fraterna, soprattutto nel rapporto con il figlio diversabile. Le attese implicite o esplicite dei genitori nei confronti dei fratelli normodotati, e in particolare in quelli minori, sono riferite all’aiuto alla famiglia, ma anche alle prestazioni scolastiche, a quelle sportive e sociali, e sono finalizzate a soddisfare le necessità contingenti, ma soprattutto a segnare una rivincita nei confronti della vita.

Il dover “barattare” continuamente il proprio successo con un po’ di affetto genera però nell’altro figlio uno stress che può portare a sentimenti di risentimento e ostilità verso un “rivale” che è più forte in quanto più “debole”. Segue poi il senso di un’ “ingiustizia” nella disparità di trattamento e incomprensione e la sensazione di dare preoccupazioni ai genitori e quindi di poter contare solo su se stessi.

Quando i fratelli capiscono che loro fratello/sorella è disabile? Secondo alcuni studiosi (McHale e Harris, 1992) tale presa di coscienza avverrebbe intorno ai tre anni di età ma altri sostengono che non sia possibile individuare un’età precisa in quanto tutto dipende dalla visibilità dell’handicap e dal clima familiare.

Anche i genitori si comportano in modo diverso riguardo il dire o non dire: alcuni tengono volutamente la verità nascosta pensando di proteggerli, altri non ne parlano perché troppo scossi dal dolore e dallo smarrimento. Altri pensano di non dovere spiegazioni ai figli perché prima o poi capiranno da soli., altri tacciono perché non sanno come affrontare la questione…

Di fatto, ogni bambino prima o poi si accorge delle difficoltà del fratello, ma consapevolezza non significa accettazione, anche se è un primo importante passo verso… I fratelli di bambini disabili sviluppano interrogativi ai quali non sanno dare una risposta e fanno proprie le perplessità che li circondano. Molto spesso i sentimenti e le ansie dei fratelli restano inespressi e, non trovando spazio in famiglia o altrove (es. scuola) rischiano di alimentarsi.

Ovvio che dare spiegazioni non è facile. Dare l’etichetta diagnostica serve a ben poco, ciò di cui hanno bisogno è l’ammissione della presenza di problemi reali e concreti nei fratelli, così da non sentirsi esclusi o, peggio, ingannati; è sentirsi partecipi di ciò che sta accadendo in famiglia; è poter comprendere e giustificare alcuni comportamenti del fratello; è poter motivare l’assenza dei genitori e spiegarsi i soggiorni da nonni e zii. Avere informazioni permette di evitare la strutturazione di immagini distorte e vissuti angosciosi che con il passare del tempo possono portare a comportamenti e atteggiamenti disfunzionali.

Il conflitto tra fratelli e sorelle in queste situazioni è spesso latente, inespresso in quanto i figli sono poco propensi a manifestarlo per paura di incorrere in punizioni o per il senso di colpa. Il distacco emotivo che può insorgere in adolescenza inotre non va letto come ostilità verso il fratello disabile bensì come un modo per difendersi, è una strategia per non lasciarsi completamente assorbire dalla condizione del fratello, mentre avanzano domande di portata generale sulla propria vita e sul proprio futuro.

La differenza di attenzione e di cure ricevute alimenta poi spesso sentimenti di gelosia e di rivalità fra fratelli (Levine, 2002). La gelosia è un sentimento implicito nella relazione fraterna e non ha esclusiva connotazione negativa: con un fratello disabile può succedere però che vengano nascosti certi stati d’animo e alcuni comportamenti che vengono attuati sono finalizzati ad attirare l’attenzione su di se’. Il senso di colpa è maggiormente presente in quelle famiglie in cui i genitori si fanno la “guerra” per la responsabilità della disabilità, assente in quelle famiglie invece in cui non si cerca la responsabilità. Qualche adolescente teme di essere additato come “il fratello dell’handicappato”, dunque anche lui un diverso e quindi rifiutato dal gruppo dei pari. Altri fratelli adolescenti si sentono invece a priori estranei al gruppo dei pari, avendo raggiunto per esperienza di vita familiare una superiore maturità a quella dei coetanei, e in questo caso decidono di impegnarsi in attività di volontariato e di cooperazione sociale.

Comunque sia, la relazione fraterna è molto importante e significativa ed è l’insieme di interazioni fisiche, verbali e non verbali di due o più individui che condividono conoscenze, percezioni, atteggiamenti, credenze e sentimenti uno nei confronti dell’altro dal momento in cui il fratello inizia a stare con l’altro (Ciaccarelli, 1995). Questa è la relazione più lunga che una persona possa sperimentare nella vita, condividendo inoltre, i fratelli, un patrimonio genetico e sviluppando un rapporto “orizzontale paritario”. Sicuramente la relazione fraterna in presenza di un congiunto diversabile sviluppa una valenza unica.

 

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