In questi giorni stavo pensando come un tempo, i miti, parola derivante dal greco mythos, che significa ‘parola, racconto’, tramandati inizialmente in forma orale e poi scritta, avevano la funzione di essere un racconto appunto, che come scopo aveva quello di spiegare i misteri del mondo, le sue origini, i suoi valori, il suo senso, di definire le relazioni tra gli dei e gli uomini. Nel linguaggio comune la parola “mito” indica qualcosa di favoloso o d’irraggiungibile, che viene in qualche modo amplificato e allontanato dal reale. Il mito era, ed è ancora oggi, un tentativo per dare risposte ai quesiti fondamentali che l’uomo si è posto e continua a porsi. Ancora oggi rileggendo certi miti, si spiegano tematiche molto attuali, come per esempio il mito di Narciso, per citarne uno.
Detto questo non ho potuto fare a meno di pensare, come attraverso i secoli, i miti, si siano “probabilmente” tramutati, trasformati in altre forme, pur mantenendo lo scopo originario: spiegare le cose. Ho pensato che i miti “forse” si sono trasformati in fiabe.
La fiaba, seppur diversa dal mito, condivide con questo alcuni elementi (ad esempio, il fatto che gli eventi narrati siano collocati in un tempo lontanissimo e indeterminato, il classico c’era una volta…; il fatto che personaggi e ambienti siano sovente fantastici e irreali, appunto “fiabeschi”; il valore simbolico di alcune vicende). Questi sono solo alcuni elementi che legano i miti alle fiabe, entrambi, attraverso anche l’immaginazione, servono a spiegare eventi della vita, situazioni che nonostante il trascorrere del tempo vengono vissuti anche oggi.
Attraverso i miti e le fiabe, se ben contestualizzati all’interno di un setting terapeutico, possono servire ai pazienti a imparare nuove abilità, migliorare abilità, adeguarsi a nuove situazioni, a pianificare il futuro.
E oggi? C’è qualcosa di altrettanto potente?
Parafrasando la famosa riflessione “cogito ergo sum” di Cartesio, oggi è diventato imperante il “digito ergo sum”, come recita una famosa vignetta della striscia Zits pubblicata da Linus. Il cyberspazio ha conquistato un posto privilegiato nella nostra vita.
Non so… Ma penso, quindi digito, che forse il cinema possa essere un potente mezzo per spiegare eventi della vita, situazioni che nonostante il trascorrere del tempo vengono vissuti ancora oggi. Il cinema è sempre stato al passo con i tempi, talvolta li ha anche precorsi, perché non considerarlo il successore del mito e della fiaba nei tempi moderni?
A tal proposito non posso che condividere un film che ho visto in questi giorni, di cui è ancora fresca l’emozione, che credo possa fare al caso mio: Inside out, un film che aiuta bambini e genitori a comprendere come le emozioni guidano ogni giorno le nostre azioni, e a conoscere meglio i propri stati d’animo.
Un film che permette di comprendere come funzioniamo, un film per spiegare eventi della vita, situazioni che nonostante il trascorrere del tempo vengono vissuti ancora oggi.
Hitchcock afferma che “la suspense dei suoi film produce nel pubblico dei veri e propri sconvolgimenti emotivi, che hanno sugli spettatori un effetto terapeutico e vitalistico”.
Se ci soffermiamo a pensare, durante la visione di un film, questo favorisce la visualizzazione di altre immagini o pensieri in libera associazione e, proprio perché avviene in uno stato “modificato di coscienza”, poiché in particolare ricettività, permette al soggetto di colmare alcuni gap esperienziali e ampliare così i processi associativi mentali in grado di condizionare gli antichi distorti convincimenti con conseguente benessere psicofisico e migliori intenzioni comportamentali col mondo.
Come scrive Accotto: “Natuaralmente non si vuole affermare che uno spettacolo cinematografico abbia la valenza di una seduta d’ipnosi o che l’immagine proiettata comporti sempre una modificazione dello stato di coscienza: alcuni film infatti non riescono neppure a catturare l’attenzione dello spettatore inoltre, non tutti i soggetti rispondono in maniera identica e riproducibile alla visione dello stesso spettacolo”.
E’ però vero che l’utilizzo del mezzo cinematografico può attivare nelle persone proficui meccanismi d’identificazione con un personaggio, così come avvniva nel mito e nelle fiabe, permettendo una rielaborazione di contenuti e talvolta vere e proprie modificazioni nel modo di agire.
Nella mia esperienza di terapeuta, talvolta, utilizzo il messaggio filmico come una nuova esperienza di apprendimento, permettendo ai pazienti di imparare nuove abilità, migliorare abilità preesistenti, adeguarsi a nuove situazioni, pianificare il loro futuro, il tutto attraverso video attentamente programmati e montati.
Proprio come facevano miti, fiabe, oggi fanno i film!