Nel gergo comune ci sono numerose parole relative a etichette diagnostiche, che spesso vengono anche usate in modo “leggero” e superficiale… Tra queste: depresso, maniaco, fobico, etc. (proviamo a pensare quante volte ci è capitato di sentir dire/dire: “Mi sento depresso”, oppure “Ma tu hai la fobia dei…” etc. Espressioni usate spesso in modo indiscriminato e non proprio esatto).
C’è una parola però che non viene molto usata perché poco conosciuta; una parola che, chi lavora nel settore “psico”, incontra frequentemente. Questa parola è “borderline“.
Il disturbo di personalità borderline non è così facilmente riconoscibile (se non dagli addetti ai lavori, e talvolta neanche per loro è così semplice!), date le numerose “sfumature” di cui si compone e i confini diffusi che presenta. Il termine stesso, “borderline”, indica uno stato limite tra nevrosi e psicosi.
Il disturbo borderline di personalità è essenzialmente un disturbo della regolazione delle emozioni (Linehan M., 2001). Le persone borderline possono oscillare rapidamente, ad esempio, tra la serenità e la profonda tristezza, tra l’intensa rabbia e il sentirsi in colpa. Emozioni differenti possono essere presenti nello stesso momento, tanto da creare confusione nel soggetto e nelle persone a lui/lei vicine.
Le persone che hanno questo disturbo fanno fatica a stabilire rapporti di amicizia, affetto o amore stabili nel tempo, vivono con estrema intensità rapporti che quasi sempre falliscono o risultano emotivamente distruttivi. Alta è l’impulsività e l’agito.
Le persone borderline vivano nel terrore della svalutazione e dell’abbandono.
L’ equilibrio è instabile: tendono a creare legami di dipendenza, ma anche fortemente ambivalenti con le persone importanti della loro vita (ambivalenza che si attualizza anche nella relazione terapeutica, dove il terapeuta viene prima idealizzato e poi svalutato), sempre immaginando la possibilità di un abbandono come inevitabile. Si sentono inetti, non adeguati, “difettosi” e spesso non degni di essere amati… Il senso di “vuoto” è un’altra delle sensazioni frequentemente riportate dai borderline.
L’aspetto più evidente e preoccupante del disturbo borderline è che presenta sintomi potenzialmente dannosi per il soggetto (abbuffate, uso e abuso di sostanze, guida spericolata, sessualità promiscua, condotte antisociali, tentativi di suicidio, autolesionismo, ecc.) e si associa a scoppi improvvisi di rabbia intensa. E’ evidente che queste sono manifestazioni del problema di fondo che, come abbiamo visto, è dato dalla incapacità a tollerare e regolare le emozioni. Sembra che anche i gesti autolesivi (frequenti) e impulsivi, in generale, assolvano più o meno alla stessa funzione. Servono, cioè, a dare sollievo nei momenti di disperazione. Questi pazienti ci raccontano spesso che provano una piacevole sensazione di sollievo e di liberazione dall’ansia e da molti altri stati dolorosi dopo essersi procurati ferite da taglio. Non dobbiamo tralasciare il fatto che atti autolesivi e minacce di suicidio spesso, comprensibilmente, generano risposte di sostegno da parte di chi sta vicino al soggetto e questo spesso ha l’effetto di contenere il suo malessere.
Gli aspetti sintomatici più salienti e tipici del disturbo borderline di personalità non sono altro, in definitiva, che tentativi disfunzionali di “regolare” emozioni troppo intense (ad esempio, ingurgito notevoli quantità di cibo o assumo droghe perché questo è l’unico modo che conosco e che ho imparato per gestire un’emozione molto intensa).
E’ molto importante, dunque, per chi vive a contatto con pazienti borderline comprendere che anche comportamenti eccessivi, autodistruttivi e apparentemente senza senso, in realtà, un senso e una funzione per queste persone ce l’hanno eccome, ed è appunto quella di regolare le emozioni. Partire da questo può essere un primo ma importante passo per far sentire la propria presenza e il proprio “esserci”, sospendendo qualsiasi giudizio.