Nel corso del lavoro con le famiglie e con i ragazzi ho maturato la sempre maggiore consapevolezza di come l’adulto appaia spesso confuso di fronte ai figli adolescenti. Li conosce, ma non li conosce, prova ad avvicinarsi a quel mondo fatto di cambiamento ed incertezza ma spesso non riesce a misurare i suoi interventi. I genitori che hanno figli in età adolescenziale sicuramente si preparano a passare un periodo difficile perché spesso si sentono non sufficientemente attrezzati e sicuri per affrontare i cambiamenti che il figlio impone in una società molto diversa da quella di qualche tempo fa.
I temi da trattare riguardo all’adolescenza sono multipli, mi piacerebbe iniziare a riflettere sui quali sono i tempi e i confini dell’adolescenza per poi successivamente, comprendere meglio i compiti di sviluppo che deve affrontare il ragazzo individualmente e la sua famiglia di conseguenza.
L’adolescenza è infatti diventata una fetta della vita che si sta allargando a dismisura , producendo così una gran confusione su quali siano gli elementi centrali che ne definiscono i problemi (Andolfi, Mascellani, 2010).
Se infatti, come scrive Palmonari (2001), apparentemente la nozione di adolescenza sembra chiara e comprensibile a tutti, l’adolescenza infatti nel linguaggio comune viene definita come quel periodo di vita compreso tra la fanciullezza e l’età adulta, durante il quale nella persona si verificano una serie di cambiamenti radicali che riguardano il corpo (maturazione biologica), la mente (sviluppo cognitivo) e i comportamenti (rapporti e valori sociali), una lettura più approfondita evidenzia che in realtà ci sono ancora dei nodi da sciogliere.
Riguardo alla durata dell’adolescenza l’autore sintetizza brillantemente affermando che l’adolescenza comincia nella biologia e finisce nella cultura (società).
Se biologicamente è abbastanza facile e condivisibile indicarne l’inizio non è poi così facile porvi la fine. Da un punto di vista biologico l’adolescenza inizia, infatti, con la pubertà, cioè con la maturazione biologica che rende ogni individuo capace di riprodursi, è però difficile indicare quando il periodo adolescenziale si conclude. Potremmo ritenere ancora attuale il limite posto da Freud che indica come criterio di adultità la capacità dell’individuo di amare e lavorare.
Se consideriamo l’emergere dell’autonomia, della coerenza e della responsabilità con cui l’individuo si rapporta al mondo, i criteri con i quali identificare il momento in cui si conclude l’adolescenza comprendiamo che sulla fine di questa fase può esiste un’ampia variabilità individuale.
A questo proposito fa riflettere una sentenza della Corte di Cassazione che ha ritenuto di dover obbligare un padre ed una madre al mantenimento del proprio figlio trentacinquenne che non è stato in grado di trovare un lavoro adeguato alla sua specializzazione e che non si è mai voluto adattare ad un lavoro alternativo, in tal caso la legge sostiene che l’adolescenza possa prolungarsi fino ai trentacinque anni.
Nella nostra società in cui non sono presenti riti di iniziazione all’età adulta il compimento dei 18 anni rappresenta un marcatore cronologico e sociale molto importante giacché a livello sociale definisce la fine della condizione di minore e l’acquisizione della maggiore età con tutti i diritti (di voto, di contrarre matrimonio, di amministrare i propri beni…) e i doveri che ciò comporta (compreso il fatto che se si compie un reato si è perseguibili penalmente).
Ma quanti di noi, pensando ai ragazzi che ci circondano, possono dire che un diciottenne è un adulto?
Se a 18-20 anni un ragazzo fosse psicologicamente maturo di fatto non lo è da un punto di vista sociale perché nella maggioranza dei casi è ancora dentro un percorso formativo e continua a vivere in famiglia. Se quindi un giovane appare psicologicamente adulto in quanto capace di assumere impegni affettivi ed è orientato professionalmente perché ad esempio ha scelto una facoltà universitaria per iniziare un attività lavorativa è adolescente dal punto di vista sociologico in quanto è ancora dipendente dalla famiglia. A questo proposito la psicologia ha cercato di provvedere coniando il termine di adolescenza prolungata.
Appare chiaro come già dall’inizio sia molto complesso parlare di adolescenza, sarà anche per questo che come scrive Andolfi (2010) ad oggi l’adolescenza appare come la fase più confusa del ciclo vitale anche per gli addetti ai lavori giacché dall’inizio è difficile capire di che periodo si tratti.
Bibliografia:
Andolfi M., Mascellani A. “Storie di adolescenza. Esperienze di terapia familiare” (2010) Raffaello Cortina Editore
Gambini P. “ Psicologia della famiglia” (2007) Franco Angeli
Palmonari A. “Gli adolescenti” (2001) Il Mulino