Oggi parliamo di “bamboccioni”!
Termine “sdoganato” dall’economista Tommaso Padoa-Schioppa, diversi anni fa, per definire quell’insieme di giovani adulti, adulte, che non avevano ancora finito gli studi o, avendoli conclusi, si facevano, o per meglio di dire si fanno, ancora mantenere dai genitori.
Stiamo quindi parlando di giovani, maschi e femmine non ancora impegnati in un processo di differenziazione che viene a svolgersi in una situazione di distacco anche fisico dalla famiglia d’origine.
Vi è una seconda prospettiva che definisce questo delicato passaggio dei bamboccioni, ad adulti, in cui si evidenzia il ruolo attivo che gioca anche la famiglia di origine affinché la propria prole riesca a uscire di casa, sintetizzabile con l’espressione “famiglia trampolino di lancio (launching children)” in cui è la famiglia tutta a collaborare al “lancio” del, della giovane, rispondendo come gruppo ai compiti di sviluppo che l’uscita di casa dell’ultima generazione comporta.
Il lancio evoca l’idea di un passaggio rapido da una condizione a un’altra; al contrario, assistiamo a una decelerazione del cammino, il “lancio è al rallentatore”, il salto oggi si è trasformato in una transizione prolungata portando a definire la famiglia, in questo momento del suo ciclo, come la “famiglia lunga” del giovane-adulto, o della giovane-adulta (Scabini e Donati, 1989).
Modello di transizione affermato soprattutto nei paesi del Mediterraneo, Italia, Spagna e Grecia, anche se si sta diffondendo anche in altre parti del mondo. In America è stato mutuato il termine “bamboccions” dall’italiano per identificare il medesimo fenomeno.
Il termine giovane-adulto, è un ossimoro, un’espressione che contiene aspetti discordanti: adolescente/giovane, da una parte un essere in fase di crescita che non ha ancora raggiunto il suo stato definitivo, e dall’altra quella di adulto, di colui che è già stato nutrito e ha raggiunto il suo sviluppo completo.
Non si tratta di un’estensione dell’adolescenza né della prima fase dell’età adulta, quanto di un tempo della vita che ha la sua specificità nell’essere un ponte, un passaggio, tra due condizioni.
Il passaggio all’età adulta, nella società odierna, ha subito una tale decelerazione temporale da configurarsi come uno stadio. Oggi siamo in una situazione diversa rispetto ad un recente passato, nel quale la transizione era segnata da alcuni indicatori precisi (termine degli studi, inserimento nel mondo del lavoro e formazione di una famiglia) che apparivano in successione e secondo uno scadenzario sociale ben definito. Oggi questi marcatori perdono il loro carattere a fronte di un percorso di vita più improntato alla possibilità di ripensamento delle scelte a livello personale e professionale, il passaggio allo stato adulto si sta frammentando.
Le cause sono molteplici, solo per citarne alcune:
• dilatazione dell’iter formativo del giovane-adulto, della giovane-adulta;
• precarietà professionale ed economica;
• difficoltà di reperire alloggi a condizioni accessibili;
• insufficiente mobilità del mercato del lavoro;
• politica del lavoro che non garantisce pari opportunità a svantaggio delle generazioni più giovani;
• compresenza di due generazioni adulte caratterizzate da scarsa conflittualità e ampi margini di libertà;
• i giovani-adulti, le giovani-adulte possono avventurarsi a esplorare il mondo senza dover rendere conto più di tanto;
• i genitori sono sollevati dalle responsabilità educative rispetto al passato.
L’”uscita dalla casa parentale”, si configura come l’evento-obiettivo che domina questa fase, segno del passaggio allo status adulto/adulta, che ha assunto la caratteristica di un evento lontano, allontanato.
Vi è un particolare incastro di bisogni che dà ambigua stabilità a questa fase sia per il giovane-adulto che per la famiglia lunga.
Lo slogan per definire tale incastro potrebbe essere rappresentato dal titolo della canzone di Rod Stewart: “Forever young”.
La condizione del giovane-adulto/adulta si costruisce dentro le mura domestiche, in una zona franca di autonomia e di privato a partire dalla quale fare esperienza controllata del mondo adulto. E’ l’attività lavorativa la principale preoccupazione per il giovane, per la giovane; mettere su famiglia non è un obiettivo previsto nel breve periodo, ci si vuole garantire un’ulteriore margine e spazio di prova, un tempo di preparazione e addestramento all’impegno definitivo.
Forever young, sogno che seduce anche i genitori, che oltre che apprezzare l’aspetto di tregua relazionale che connota questa fase, si trovano a goderne di riflesso gli effetti illudendosi, a loro volta, di poter essere “eternamente genitori di un giovane”.
I genitori s’identificano con i loro figli poiché questi godono di una condizione di vita che essi non hanno potuto avere pur desiderandola. Inoltre i genitori comportandosi secondo modalità di dialogo comprensivo, realizzano un ideale di relazione genitori-figli che era loro precluso quando erano figli.
Essi sono i loro figli giovani-adulti (il loro desiderio) e contemporaneamente sono i genitori che avrebbero voluto avere e che non hanno potuto avere (il loro bisogno). Ciò che viene soddisfatto, è il proprio ideale circa il rapporto genitori-figli.
Chi avverte il pericolo della stagnazione è il bamboccione, il giovane-adulto, che percepisce nei genitori bisogni insistenti di protezione eccessive attenzioni nel prevedere e tamponare possibili rischi. Viene così meno la spinta che dà la mancanza all’uscita di casa.
Il compito di sviluppo familiare è e rimane quello che i figli raggiungano la piena responsabilità adulta e che vengano autorizzati e spinti verso questo obiettivo dai genitori, affinché questi possano vivere la fase successiva, comunemente conosciuta e definita come “l’esperienza del nido vuoto”.
Bibliografia
Scabini E., Donati P. (1989) Vivere da adulti con genitori anziani. Studi interdisciplinari sulla famiglia, II Milano: Vita e pensiero
Scabini E. (2002) Psicologia sociale della famiglia. Sviluppo dei legami e trasformazioni sociali. Bollati Boringhieri